Concorso per la nuova Sede Camerale della Provincia di Prato
Concorso nazionale, 2006
Capogruppo: Arch. Angelo Ruocco
Progettisti:
Arch. Massimo Gasperini (Archêlab), Prof. Arch. Gianni Cavallina, Dott. Arch. Tommaso Londi
Collaboratori: Mario Usai, Diego Rossi
Concorso per la nuova Sede Camerale della Provincia di Prato
Concorso nazionale, 2006
Chi si fosse trovato a passare in auto, verso la metà degli anni '70, nelle periferie di Parato, a santa Lucia, a Vergaio, a San paolo, a Iolo, od anche nei comuni di Vaiano, Vernio, Montemurlo, non si sarebbe sentito solo.
L'avrebbe accompagnato un leit-motiv sonoro, quasi un ritmo, una musica, incessante eppure non noiosa; era il caratteristico tutum tutum, tutum, dei telai.
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Concorso nazionale, 2006
Questa musica incessante, uno scandire il lavoro, ad ogni ora del giorno, spesso anche della notte, proveniva dalle centinaia, migliaia, di piccoli e grandi capannoni, ma non solo. Proveniva anche da ogni casa delle frazioni, dove, come si diceva allora, la massaia, con una mano girava il minestrone nella pentola, con l'altra mandava il telaio.
Così era una delle più importanti industrie tessili del pianeta. Non c'era solo la tradizione e la voglia di fare, l'imprenditoria capillarizzata tipica dei Pratesi, c'era altro ancora, una genialità sommata ad un senso pratico della vita e del lavoro, propria, specifica, oseremmo dire, precipua del 'pratese'.
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Territorio industriale di importanza assoluta per la produzione del tessile. Ma non basato, come poteva essere logico e comune pensare, su grandi impianti di produzione, le industrie, che le abbriche a ciclo completo, con centinaia di operai, c'erano, sí, ma forse bastavano le dita delle due mani, per contarle.
La genialità stava proprio nell'apparente disomogeneità del sistema, nell'apparente caos di una organizzazione capillare che aveva i suoi punti di forza proprio nella presumibile debolezza strutturale, e nell'ancor più presumibile confusione organizzativa.
In realtà il ciclo lavorativo si basava su alcuni elementi fondamentali; prima di tutto una diffusione sul territorio della mano d'opera e dei quadri direttivi delle imprese.
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Il termine 'impannatore' stava, e sta ancora, ad indicare un personaggio chiave del sistema, non un operaio, come si potrebbe pensare, ma una figura di imprenditore, un manager si direbbe ora, che, con spese minime di gestione del suo ufficio, spesso una stanza in affitto, un telefono e una scrivania, dirigeva con mirabile padronanza il ciclo produttivo di molti personaggi diffusi sul territorio che, magari, nemmeno si conoscevano tra loro.
Tutto questo consentiva proprio l'operatività della massaia, come si è detto prima, e, sempre con spese ridottissime, talvolta il trasporto con l'Ape Piaggio dei prodotti tessili, e comunque l'uso di ambienti di lavoro spesso dimessi e riciclati, che non richiedevano grandi spese di manutenzione.
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A questo punto poi anche il sistema di trasporto dei manufatti non richiedeva particolari infrastrutture viarie; bastava un viottolo sterrato, l'importante era che si riuscisse a trasportare i manufatti da una parte all'altra del territorio, per permettere il funzionamento di questo sistema diffuso.
Ma l'aspetto fondamentale del sistema, quello che lo ha reso competitivo nel mondo al di là di ogni possibile previsione o scientifica programmazione, è l'acquisizione della materia prima, la lana.
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È di Prato la geniale trovata del riciclaggio di abiti e tessuti usati provenienti da ogni parte del mondo, quelli che vengono definiti, con un termine colorito, dagli stessi Pratesi, 'cenci'.
Quegli stessi cenci immortalati in alcune mirabili pagine di uno dei più grandi figli della città, quel Curzio Malaparte scrittore, giornalista, regista di teatro e di cinema che ha saputo veicolare nelle sue opere quello spirito sarcastico, ironico, pungente, ma in fondo bonario, comprensivo della vita e dei suoi drammi, che ritroviamo oggi in un altro grande figlio, l'abitante di Vergaio Roberto Benigni.
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Città strana, Prato, diversa da tutte le altre città toscane, città imperiale, nel medioevo. Città che, già alla metà del 1200, sviluppa un nuovo modo cardare la lana, e di rendere i panni più morbidi e colorati.
Città che ha dato i natali alla moderna economia, grazie all'altro suo grande figlio, quel Francesco Datini, proprietario di importanti fondachi in ogni parte d'Europa, ed inventore di quel documento di credito finanziario, la cambiale, che consente ai più attivi imprenditori, di operare al di là delle immediate risorse economiche; se ben pensiamo una rivoluzione che ha indirizzato il nostro attuale modo di lavorare e di essere.
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Città imprenditoriale, dai Lorena in poi, città industriale di quella rivoluzione industriale che la vede competitiva con Manchester già nell'800, ma che la vede capitale del tessile mondiale, e non è una esagerazione dal '60 in poi, quando, superata la grave crisi post–bellica l'intelligente, anche se apparentemente naif, sistema produttivo, sbaraglia il campo della concorrenza, anche sotto l'aspetto della qualità dei tessuti e dei prodotti finiti di abbigliamento.
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Ragioni del progetto / Impostazioni generali
Il grande architetto Louis I. Kahn parlava sempre, quando si riferiva alle sue architetture, di edifici dell'ISTITUZIONE per gli uomini. Riteniamo che la sede della Camera di Commercio di Prato sia proprio l'EDIFICIO DELL'ISTITUZIONE di quell' insieme di valori umani, sociali ed economici, che è il Comprensorio Pratese.
Non ci sembra inadeguato avere riproposto, come sede dell'Istituzione, la casa di tutti quelli che lavorano, ai vari ruoli e nelle varie competenze, nel sistema del tessile, un ex–edificio industriale.
Certo non siamo in presenza di quella cattedrale di archeologia industriale che è la Campolmi, che, non a caso, è stata riconvertita a Museo del Tessuto, del pratese architetto Mattei.
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Quí il contenitore non denota particolari caratteristiche segniche e di dignità che si pongano al livello di rappresentare la "Casa di tutti i lavoratori del tessile", siano essi dirigenti, impiegati, operai o commercianti.
È per questo che, operando su un esistente che, per esigenze del Bando di Concorso, va in gran parte conservato, si è pensato ad un simbolo, il tessuto. Lo si è pensato come un continuum spaziale, quasi ossessivo, ripetuto, che va e viene, proprio come il ritmo incessante dei telai, come la "musica del lavoro" delle periferie, dei grandi spazi della piana, dei capannoni, delle case della gente di Prato.
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Questo 'tessuto' è formato da una trama metallica che nasconde parti delle facciate esistenti, e che, oltre al senso del simbolo, risponde ad una esigenza funzionale quale quella di assicurare un brise–soleil a chi lavora nelle nuove stanze destinate alle varie funzioni di lavoro interne.
Non si è voluto di proposito intervenire con strutture pesanti o murarie, proprio per assicurare quel senso di leggerezza che una sorta di 'ornamento' moderno deve, a nostro parere, avere.
Questa trama fitta, sulla facciata principale, quella su via del Romito, che è poi la facciata principale, quella di 'rappresentanza', si rarefà in una trama, un telaio, di longarine di ferro. Il simbolo qui è nel vocabolo, il telaio, strutturale come termine, ma che rimanda a quello strumento di lavoro che è come il simbolo del comprensorio pratese del tessile.
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Del resto la longarina in ferro è la rivoluzione industriale, quella che ha visto Prato competere nell'800 grazie alle macchine geniali inventate da Giovanbattista Mazzoni. QuÍ le longarine non sempre sono portanti, e quasi in un accenno di interruzione strutturale, come una variazione del tessuto, non toccano il terreno.
Sulla parete su via Baldenzi la trama di questa attuale decorazione crea un disegno sottintendente l'idea del 'cencio', l'elemento primario del processo produttivo. Dall'altro lato la trama si raduna in un elemento verticale, a torre, quasi fosse un fuso, o un rocchetto. Si tratta in effetti della torre destinata ad ospitare gli impianti elettrici.
Su via Pelagatti la trama si presenta come un piano orizzontale, pensilina praticabile di collegamento tra i corpi esterni longitudinali. È come una passerella che rimanda all'idea della spoletta del telaio.
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La trama verticale non si ferma sull'esterno, ma entra all'interno dell'edificio, per costituire una sorta di elemento continuo tra esterno ed interno. Ma la parte nuova più importante e significativa è la copertura del nuovo auditorium per 400 posti, realizzata con una struttura metallica che piega sul lato esterno, cosí da caratterizzare fortemente dal punto di vista architettonico l'intero complesso. Inoltre questa struttura prevede anche la sala di registrazione, e lo spazio di ristoro. L'ambiente è accessibile anche dall'esterno ed è coperto appunto da questa struttura metallica, ove sono posti un certo numero di pannelli a cellule fotovoltaiche, coprenti oltre metà della superficie.
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Questa soluzione contribuirà a contenere i costi energetici di gestione dell'edificio della Camera
di Commercio, e potrà altresÍ migliorare, per quel che concerne il suo immediato intorno, le condizioni di vivibilità ambientale.
Il progetto prevede poi, come previsto dal bando, la sala per video conferenza, la sala informatica, ed i 2 Point Service.
Comunque l'intero edificio è previsto cablato in ogni sua parte, così come si conviene oggi per l'uso di ogni struttura aperta al pubblico, e di uso comune per la collettività o, come è questo il caso,per determinate categorie e per le loro rappresentanze.
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Intenti del progetto / Intenti formali
Il nostro intento è stato quello di dare, pur nell'ottica, del resto obbligatoria per il rispetto delle norme urbanistiche previste per il lotto sul quale insiste l'edificio, un edificio per la città, o meglio per l'istituzione produttiva della città. Questa Istituzione deve essere la casa dei Pratesi, la casa dei Pratesi che lavorano e si preoccupano di mantenere la loro città al livello della sua tradizione, in un momento nel quale la concorrenza dei mercati orientali si è fatta sempre piú forte, oseremmo dire oppressiva.
Pertanto l'architettura, che, in questo caso, non può prescindere dalla presenza della preesistenza e delle sue caratteristiche, quali esse siano, deve costituire un messaggio, un richiamo, a quella che è una sede di informazioni e di aggregazione, anche se non si può prescindere dal suo carattere burocratico–amministrativo.
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Gli elementi simbolici, oltre che dalla contemporanea esistenza di specifiche ragioni utilitarie del loro essere, proprio questo vogliono essere, un chiaro marchio di fabbrica , è il caso di dire, della Città di Prato.